Sentiamo spesso definire l’intestino come il nostro “secondo cervello”, e sappiamo che in qualche modo è coinvolto nella regolazione dei nostri stati emotivi: per quanto questa affermazione possa sembrare ormai scontata, effettivamente l’intestino (che ricordiamo essere l’organo sensoriale più esteso di tutto il corpo) dispone di una grande quantità e varietà di nervi, a cui fanno compagnia anche molecole segnale e sistemi di interconnessione nervosa.
La rete nervosa dell’intestino è assai complessa, e non è certo da meno di quella del nostro organo “principe”, ovvero il cervello. Ed è proprio per questo che viene spesso definita anche come “cervello enterico”: l’intestino contiene milioni di cellule e fibre neuronali che vanno a comporre un vero e proprio sistema nervoso autonomo.
Già da queste prime battute, ben si intende che la funzione dell’intestino non è solo quella di trasportare sostanze nutritive, ma che è coinvolta in un discorso più ampio riguardante il nostro generale benessere psicofisico.
Intestino e cervello: due organi che comunicano
Intestino e cervello comunicano, e lo fanno costantemente. Comunicano attraverso il nervo vago per mezzo di neurotrasmettitori come la serotonina, che viene prodotta per circa il 95% dalle cellule che si trovano nella mucosa intestinale e svolge una funzione fondamentale nella regolazione del tono dell’umore.
I segnali provenienti dall’intestino raggiungono diverse zone del cervello, tra le quali l’insula, la corteccia prefrontale, il sistema limbico, la corteccia cingolata anteriore, l’ippocampo e l’amigdala. Grazie ai segnali inviati dall’intestino, il cervello riesce “a farsi un’idea” di quello che sta accadendo nel corpo e di quella che è la sua situazione: in particolare, attraverso la sua “alleanza” con l’intestino, il cervello riesce a reperire informazioni importanti relative, per esempio, agli ormoni che circolano nel sangue e alle cellule immunitarie.
È importante sottolineare che la relazione tra i due organi è “a doppio senso”: lo stato di salute dell’intestino si riflette sul cervello e viceversa. Nel 2013, Tillisch et al. hanno condotto uno studio sugli effetti di una terapia intestinale sul benessere del cervello: dai risultati è emerso che l’assunzione, per quattro settimane, di un insieme di batteri (tra cui anche probiotici) era in grado di modificare alcune aree del cervello, soprattutto quelle deputate all’elaborazione delle emozioni e del dolore.
L’importante ruolo del microbiota intestinale
Con il termine “microbiota intestinale” intendiamo i milioni (anzi, trilioni!) di microrganismi presenti nel tubo digerente. I batteri che fanno parte del microbiota sono principalmente i bifidobatteri, i lattobacilli e gli eubacterium, i quali svolgono alcune importanti funzioni, tra cui:
– sintetizzare vitamine essenziali per la salute (es. acido folico ed altre del gruppo B) e consentire l’assorbimento di oligominerali come ferro, calcio e magnesio;
– proteggere la mucosa intestinale da aggressioni di microrganismi patogeni;
– contribuire allo sviluppo e alla modulazione del sistema immunitario;
– conservare la regolarità della funzione intestinale;
– influenzare le funzioni cognitive e psichiche, in virtù dell’asse bidirezionale intestino (sistema nervoso enterico) – cervello (sistema nervoso centrale);
– sostenere la peristalsi intestinale.
Quando il microbiota si trova in uno stato di equilibrio si parla di eubiosi, quando invece questo equilibrio si rompe, si sviluppa quella che viene chiamata disbiosi intestinale, ovvero una condizione di squilibrio microbico causata da una spropositata crescita di batteri “nocivi” all’interno dell’intestino, che ne provocano l’irritazione.
Gli effetti della disbiosi intestinale non si manifestano esclusivamente a livello fisiologico, ma anche su un piano più strettamente psicologico.
In che modo lo stress prolungato influisce sull’intestino?
Il termine “stress” fa riferimento a una condizione generale di disagio, di preoccupazione e di tensione. Più precisamente, lo stress è definibile come una risposta psicofisica a situazioni che possono essere molto diverse tra loro, di natura emotiva, cognitiva o sociale, e che le persone percepiscono come eccessive. Lazarus e Folkman (1984), hanno definito lo stress come “un particolare tipo di rapporto tra la persona e l’ambiente, che viene valutato dalla persona stessa come gravoso o superiore alle proprie risorse e minaccioso per il proprio benessere”.
In letteratura (cfr. Selye, 1974) si distingue tra eustress – ovvero lo stress positivo – e distress, che invece si manifesta attraverso effetti negativi sull’organismo. Inoltre, è possibile classificare lo stress in base alla durata dell’evento stressante: stress acuto, che si verifica in un lasso di tempo limitato, e stress cronico, che si verifica quando lo stimolo è di lunga durata. Le situazioni stressanti – tra cui un ritmo di vita fin troppo frenetico, una serie di forti emozioni provate in un lasso di tempo breve, o eventi impattanti dal punto di vista fisico – possono alterare il metabolismo, causando disturbi diffusi in tutto il tubo digerente.
Diversi lavori scientifici presenti in letteratura mettono in luce come lo stress sia una di quelle condizioni che cervello e intestino affrontano insieme: in particolare, ipotizzano che quando il cervello si trova di fronte un problema (o ancor peggio, una serie di problemi) ha bisogno di energia, che chiede in prestito soprattutto al nostro secondo cervello, ovvero l’intestino. Quest’ultimo risparmia energia nella digestione, rallenta la produzione di muco e riduce la sua irrorazione sanguigna. Ovviamente, questo sistema di emergenza non può essere utilizzato a lungo: quando lo stress è prolungato, l’intestino inizia a inviare messaggi al cervello segnalando la sua fatica a proseguire nell’emergenza (e quindi iniziamo a sentirci stanchi, indeboliti, ad avere difficoltà nella digestione oppure a soffrire di disturbi gastrointestinali) (cfr. Enders, 2015).
Gli autori Söderholm & Perdue (2001) hanno effettuato una rassegna di studi che hanno indagato gli effetti dello stress psicologico sulla funzione della barriera dell’intestino tenue e del colon. La barriera intestinale ha due compiti molto importanti: da un lato seleziona le sostante benefiche per l’organismo e le lascia entrare nel sistema circolatorio-linfatico; dall’altro blocca l’accesso a tutto ciò che potrebbe essere dannoso e che quindi deve essere espulso con le scorie. Gli studi esaminati dai due ricercatori hanno evidenziato che vari tipi di stress fisico e psicologico hanno un impatto negativo su diversi componenti della funzione della barriera intestinale: ciò determina un maggiore passaggio nella mucosa anche di piccole molecole che possono provocare condizioni avverse per il benessere intestinale.
Studi più recenti (cfr. Deng et al., 2021; Gao et al., 2018) evidenziano che l’esposizione allo stress attiva i principali sistemi di risposta alla condizione stressante, i quali modulano insieme l’ambiente intestinale aumentando l’infiammazione del colon attraverso l’inibizione del nervo vago, riducendo l’integrità del muco e dell’epitelio intestinale e alterando la composizione del microbiota intestinale. La disbiosi del microbiota riduce ulteriormente l’integrità della barriera intestinale, e questo porta all’esposizione della circolazione ai batteri e ai loro prodotti che attivano i meccanismi infiammatori.
Gli agenti stressanti, di origine fisica o psicologica, sono inoltre tra le cause principali della sindrome dell’intestino irritabile. Quest’ultima, definita anche come sindrome del colon irritabile, è una condizione molto comune caratterizzata da gonfiore addominale, crampi e dolore all’addome, meteorismo, stipsi o diarrea (fonte: Istituto Superiore di Sanità).
Le cause scatenanti questa condizione non sono ancora del tutto conosciute, ma tra le ipotesi più accreditate nel panorama scientifico c’è quella di una comunicazione anomala tra encefalo, fibre nervose innervanti l’intestino e muscoli intestinali, mentre altre ipotesi prendono in considerazione una eccessiva sensibilità dei nervi presenti nell’intestino, le alterazioni della flora batterica intestinale, ma anche condizioni come appunto lo stress prolungato ed eccessivo.