“Lo faccio domani”, “C’è ancora tempo”, “Prima di iniziare devo trovare la giusta concentrazione” …Almeno una volta nella vita a ognuno di noi è capitato di pronunciare una frase come questa, apparentemente innocua ma potenzialmente pericolosa! Tutte queste affermazioni, infatti, hanno a che fare con un comportamento insidioso molto comune a noi esseri umani: la procrastinazione.
Procrastinare significa rimandare volontariamente attività e compiti all’ultimo minuto oppure oltre la scadenza stabilita, nonostante siano chiare le conseguenze potenzialmente negative del ritardare i propri impegni (Steel, 2007). Alcuni studiosi definiscono la procrastinazione come una forma di fallimento nell’autoregolazione delle emozioni (Prem et al, 2018): pensiamo alla paura o all’ansia che sperimentiamo prima di un esame, di una decisione importante, o di un cambiamento per esempio. Queste emozioni provocano in noi uno stato d’animo spiacevole, dal quale ci difendiamo evitando o rimandando il più possibile gli impegni previsti. Tuttavia, i tentativi delle persone di regolare le proprie emozioni attraverso la procrastinazione possono avere effetti controproducenti (Tice e Bratslavsky, 2000).
Alla base della procrastinazione ci sono numerosi e vari motivi: paura di affrontare una prova difficile, paura di fallire e fare una brutta figura, paura del giudizio, ma anche una scarsa organizzazione del tempo o la tendenza al perfezionismo.
Tra le diverse forme di procrastinazione, rientra quella accademica. Quest’ultima rappresenta un comportamento problematico assai diffuso tra i giovani universitari: diversi autori hanno riscontrato che molti di loro sperimentano la procrastinazione cronica nei compiti e nelle attività quotidiane (cf. Ferrari, Johnson, & McCown, 1995; Hammer & Ferrari, 2000; Steel, 2007).
Ma quali sono le cause del procrastinare in ambito accademico? Eccone due tra le principali.
Procrastinazione e ansia da esame
L’ansia da esame è una forma particolare di ansia da prestazione ed è una combinazione di sintomi fisici e reazioni emotive che interferiscono con il processo di apprendimento e con la capacità di superare con successo gli esami. Le cause di questi tipo di ansia possono essere rintracciate in diversi fattori, tra cui paura del fallimento, forte pressione psicologica, timore del giudizio negativo, ma anche una scarsa capacità di gestire stati emotivi che provocano disagio (come l’ansia appunto) che però sono del tutto normali in una situazione come quella di una prova accademica. La procrastinazione è strettamente legata all’ansia da esame, così come evidenziato in letteratura da diversi studiosi in tutto il mondo. Per esempio, Bolbolian e colleghi (2021) studiato la relazione tra la procrastinazione accademica e l’ansia da esame tra 152 studenti di odontoiatria dell’Università di Scienze Mediche di Qazvin (Iran), e hanno scoperto che le persone con procrastinazione accademica hanno più ansia da esame e paura dell’umiliazione, pensieri irrazionali e negativi e maggiori livelli di stress percepito. Allo stesso modo, in suo studio Custer (2018) ha riscontrato correlazioni statisticamente significative tra l’ansia da esame e la procrastinazione accademica in un campione di 202 studenti di Infermieristica nella Pennsylvania sudoccidentale (Stati Uniti).
Procrastinazione e bassi livelli di autoefficacia
Diversi autori hanno indagato, inoltre, il legame tra la procrastinazione accademica e il costrutto psicologico di autoefficacia, che può definirsi come la convinzione di un individuo nelle proprie capacità di esercitare un controllo sugli eventi e di raggiungere un obiettivo prefissato. Quando una persona ha un buon livello di autoefficacia, si sente capace di affrontare e ultimare con successo una determinata attività, anche se questa si rileva particolarmente ardua.
A questo proposito, Klassen et al. (2008) hanno condotto uno studio che ha esplorato procrastinazione accademica di 456 laureandi, mettendola in relazione ad altre variabili come l’autoregolazione emotiva, l’autoefficacia accademica, l’autostima e l’autoefficacia percepita nella regolazione dei propri stati emotivi. Dai risultati è emerso gli studenti che mostravano minori convinzioni di poter autoregolare le proprie emozioni avevano una media accademica significativamente più bassa, livelli più elevati di procrastinazione giornaliera e dei compiti, voti più bassi sia previsti che effettivi.
Una più recente ricerca di Huang et al. (2023) ha indagato quali associazioni potessero intercorrere tra il perfezionismo e la procrastinazione accademica in studenti universitari di infermieristica, esplorando anche i possibili effetti di mediazione dell’autoefficacia e della resilienza. I ricercatori hanno trovato che il perfezionismo disadattivo (caratterizzato da standard irrealisticamente elevati), bassi livelli di resilienza e uno scarso senso di autoefficacia aumentano il rischio di procrastinazione accademica tra gli studenti, mettendo a rischio il loro successo accademico.
Il rovescio della medaglia: le conseguenze del procrastinare
A lungo termine, il continuo rimandare le attività e l’evitare situazioni potenzialmente ansiogene non farà altro che incrementare l’intensità delle emozioni negative provate: man mano che si procrastina si perde fiducia nella propria capacità di affrontare con successo i compiti, ci si sentirà sempre meno competenti, e gli obiettivi prefissati assumeranno la forma di impossibili montagne da scalare, di fronte alle quali la sensazione di non farcela sarà enorme. I livelli di ansia aumenteranno sempre di più, i sensi di colpa faranno la loro comparsa fino ad arrivare a sperimentare veri e propri sentimenti depressivi. Il gioco della procrastinazione porta progressivamente all’instaurarsi di un circolo vizioso: più si procrastina, più l’intensità delle emozioni spiacevoli aumenta e più si continuerà evitare tutto ciò che ci spaventa, e quindi si tenderà a procrastinare ulteriormente, perché la percezione sarà quella di sentirsi talmente tanto incapaci da non riuscire più a muoversi. Il rischio elevato è proprio l’immobilità, ovvero il rimanere incastrati in questo circolo vizioso a scapito del proprio benessere psicologico, dei nostri obiettivi e, più in generale, della nostra soddisfazione di vita.
Smettere di procrastinare? È possibile!
Come abbiamo visto nelle righe precedenti, la procrastinazione in ambito universitario rappresenta un comportamento insidioso che rischia di compromettere non solo il successo accademico, ma anche il benessere della persona a un livello più ampio. Tuttavia, se trattato in tempo e in modo adeguato, è del tutto possibile arginare le sue possibili conseguenze negative e raggiungere i propri obiettivi. Ma come? Sicuramente il primo passo è quello di affidarsi a un professionista esperto, che sia in grado di progettare un percorso terapeutico “cucito su misura” alle caratteristiche della persona e al funzionamento del suo problema. Sul Web è possibile trovare decine di consigli e strategie su come combattere la procrastinazione, ma spesso si rivelano inefficaci. Come mai? Semplice, perché ogni strategia va CONTESTUALIZZATA nella realtà dell’individuo che si trova a vivere quel problema in quello specifico momento, che si manifesta con modalità e funzionamenti diversi in base alle sue peculiarità.